lunedì 4 luglio 2016

Afterhours, "Folfiri o Folfox" disco di morte e rinascita

Gli Afterhours sono tornati, ieri,  a quattro anni di distanza dall'ultimo album di inediti, con "Folfiri o Folfox", un disco intriso di morte e rinascita, di melodia e suoni ruvidi.
  
L'orchidea sulla copertina di Folfiri o Folfox, ultimo album degli Afterhours
L'orchidea sulla copertina di Folfiri o Folfox, ultimo album degli Afterhours

Gli Afterhours sono tornati, e come al solito, a modo loro, con un rock graffiante, potente ma al tempo stesso dolce e melodico. Il cambio di formazione (con l'abbandono di Giorgio Prette, uno dei leader storici del gruppo) non ha inciso minimamente sulle sonorità del gruppo che presenta un lavoro maturo, sofferto, dove il tema della morte è centrale, così come quello della rinascita (Nel brano che chiude il disco "Se io fossi il giudice": "Oggi svegliandomi ho realizzato che, tutto il resto è stupido, voglio provare a vivere... Libero di non essere più me, libero di non piacerti più"). Questi brani sembrano essere tratti ognuno da un disco diverso del passato, rispecchiano ognuno una parte di quella che è stata la storia delle sonorità del gruppo milanese. Un disco a momenti ruvido, a momenti dolce, certamente intenso e coinvolgente, dove il tema della morte del padre di Manuel Agnelli è preponderante, una morte avvenuta per un tumore, come indica il titolo dell'album: "Folfiri o Folfox" infatti, sono farmaci per la cura di alcuni tipi di cancro, mentre "Cetuximab" è un altro farmaco antitumorale ed è una delle tracce strumentali  dell'album. Un album toccante e solenne, che ha inizio con "Grande", brano accompagnato inizialmente da semplice chitarra, in cui si parla di un patto "giurami che noi, non moriremo mai, questo puoi farlo", che Manuel Agnelli ha stretto con il padre da piccolo, un patto stretto nei sogni del piccolo Manuel, ma che purtroppo può essere rispettato solamente lì. Un brano sofferto e in cui si entra a piene mani nel dolore di un figlio che perde un padre. Questa solennità e sofferenza viene sostituita da un altro tipo di sofferenza, quella per l'Italia ne "Il mio popolo si fa": "Uno stato si fonda sul gioco d'azzardo, sul culto della sfiga". Ne "L'odore della giacca di mio padre" toni più dolci e melodici, nostalgici "Sì lo so che lui, resta dentro di me, sì lo so che tu resti dentro di me". Il primo singolo del nuovo disco degli Afterhours è "Non voglio ritrovare  il tuo nome", un pezzo dove si parla di una storia d'amore finita "Tu eri mia, noi soli non saremmo morti mai... Occhi blu, non respiri più con me". In "Ti cambia il sapore" si torna a fare riferimento alle patologie tumorali, è nota infatti l'alterazione del gusto e dell'olfatto che sopraggiungono con le cure antitumorali "Ti cambia il sapore sai, si, è più amaro anche il tuo. E cambia quello che sei qui non ne ho bisogno ormai." "San Miguel" è una sorta di preghiera ipnotica e dai suoni aridi e in un certo senso scorbutici, in cui si distingue la sentenza "Il leone non teme lo sciacallo". In "Qualche tipo di grandezza" si torna alla malattia e alla sofferenza: "Il male che vedi, è il male che hai dentro te. Ora, visto che il letto è qui, trovaci, qualche tipo di grandezza". Dopo "Cetuximab", brano strumentale, "Lasciati ingannare (Una volta ancora)" riprende suoni più melodici, intensi e orecchiabili. Si chiude così il primo disco.
Manuel Agnelli nel video " Non voglio ritrovare il tuo nome"
Manuel Agnelli nel video " Non voglio ritrovare il tuo nome"
La seconda parte si apre con "Oggi"  brano che segue una linea più morbida, anche se piuttosto malinconica e con il tema della malattia ben esplicitato "Dalla finestra della tua stanza ci entra un sole, davvero l'hai meritato, che possa non andar più via" , "Il tuo male, ora, non ci troverà mai, non ci prenderà mai...". Il brano che dà il nome all'album "Folfiri o Folfox" è ruvido e pesante, con il tema delle cure e della morte decisamente presente "So che la sanità, può curare i suoi grandi numeri, ma non me. E tu sei da sempre un ribelle, ma morirai per un protocollo sai".  "Fa male solo la prima volta" è un pezzo rock, acido e distorto, dal testo dal significato piuttosto oscuro, forse uno dei più criptici del disco. "Noi non faremo mai niente" è una ballad con un suono malinconico e dimesso, a tratti delicato. "Né pani né pesci" è uno dei pezzi migliori del disco: musicalmente eccezionale, ritornello indimenticabile: "Ci hanno derubato si, non ti somiglio più. Sospingo per sorreggerti e ti trascino giù. Abbracciati a quel che hai. Nessuno ormai porterà né pani né pesci, non avrai né pani né pesci.". La successiva "Oprhryx" è un intermezzo musicale con suono di violino protagonista assoluto;"Fra i non viventi vivremo noi" è un altro intermezzo veloce e incisivo; stesso discorso per il "Il trucco non c'è", anche se il pezzo è più musicale e più distorto in termini di suono. Il disco si chiude con "Se fossi il giudice", il pezzo che segna la rinascita: un pezzo fresco, ottimistico, sereno, dopo le tante cupezze nell'arco di tutta la durata del disco. Un altro dei migliori pezzi del disco: "Libero di non essere più me, libero di non piacerti più, libero di buttare tutto via".
"Folfiri o Folfox" non è un disco facile da ascoltare, tratta temi molto delicati e ti entra dentro come una lama. Per alcuni sarà un capolavoro, per altri inascoltabile. Per chi conosce gli Afterhours questo è un grande disco, quasi un concept album (quasi perché Manuel Agnelli lo ha già tolto da questa categoria in una recente intervista) su morte e cancro, una delle piaghe della nostra era. Queste canzoni toccano corde profonde, sentimenti nascosti e paure. Queste vicende possono essere le vicende di tutti e vengono raccontate con parole e suoni profondi e toccanti. Un disco che non lascia di certo indifferenti. Un disco semplicemente da Afterhours.

2 commenti: